Il settore manifatturiero italiano ha registrato una contrazione solo marginale nel mese di ottobre 2025, con l’indice PMI che sale a 49,9 punti rispetto ai 49,0 di settembre. Questo dato, superiore alle attese degli analisti fissate a 49,3, indica un rallentamento del declino e un avvicinamento alla stabilità economica. La lettura suggerisce un barlume di speranza per l’economia italiana, alle prese con una crescita anemica e una revisione al ribasso delle previsioni di PIL per il 2025 allo 0,5%.
L’indice PMI, elaborato da HCOB per S&P Global, misura le condizioni operative del settore manifatturiero attraverso indicatori come produzione, nuovi ordini e occupazione. Un valore superiore a 50 segnala espansione, mentre sotto tale soglia prevale la contrazione. Nel caso di ottobre, il lieve aumento riflette una produzione in modesta ripresa, supportata da acquisizioni di nuovi clienti e incrementi selettivi nelle vendite, nonostante una domanda complessiva ancora debole.
Inoltre, i tempi di consegna dei fornitori si sono allungati, un segnale tipico di un’attività della catena di approvvigionamento in rafforzamento. Le imprese manifatturiere hanno mostrato una fiducia in miglioramento, il primo rialzo da agosto, che anticipa un possibile cambio di rotta. Tuttavia, gli ordini totali continuano a calare, seppur di misura ridotta, mentre le vendite estere diminuiscono per il quinto mese consecutivo, penalizzate dalla debolezza dei mercati chiave come Francia e Germania.
Il governo italiano ha rivisto marginalmente al ribasso la propria proiezione di crescita del PIL per l’intero 2025, portandola allo 0,5% dal precedente 0,6% annunciato ad aprile. Questa correzione deriva da sorprese negative nel secondo trimestre, con una contrazione dello 0,1%, e da fattori esterni come l’apprezzamento dell’euro. L’economia ha evitato una recessione tecnica nel terzo trimestre, registrando una crescita zero, ma la stagnazione persiste a causa di una domanda esterna in calo e consumi interni fiacchi.
In questo contesto, il PMI di ottobre offre un segnale positivo ma cauto. Le esportazioni di beni sono calate del 2,2% nel secondo trimestre, anticipate da timori di dazi doganali statunitensi. I consumi delle famiglie rimangono deboli, frenati da una fiducia bassa e da un potere d’acquisto in lenta ripresa, nonostante l’inflazione stabilizzata.
Il mercato del lavoro rappresenta un punto di forza, con un tasso di disoccupazione al 6% e un tasso di occupazione al 62,8%, ai massimi storici. Tuttavia, la creazione di posti di lavoro si concentra in settori a bassa produttività come costruzioni, commercio al dettaglio e ospitalità, favorendo soprattutto gli over 50. Di conseguenza, la produttività pro capite declina, alimentando un circolo vizioso di crescita lenta.
Gli esperti sottolineano che il settore manifatturiero italiano, pilastro dell’economia con un contributo del 15% al PIL, soffre di una domanda globale incerta. Geopolitica e protezionismo, inclusi potenziali ritardi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), rappresentano rischi al ribasso. Eppure, i fondi europei sostengono gli investimenti, con un deficit pubblico dimezzato al 3,4% del PIL nel 2024 grazie alla disciplina fiscale e alla riduzione del “Superbonus”.
Riguardo alle previsioni, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) conferma una crescita dello 0,5% per il 2025 e il 2026, sostenuta da dinamiche occupazionali positive in un contesto di inflazione moderata. La Banca d’Italia proietta invece uno 0,6% per il 2025, trainato dal recupero dei consumi, mentre Confindustria prevede un +1,1%, ottimista sugli effetti del PNRR. Queste stime variano, ma convergono su una traiettoria di crescita modesta, con rischi dovuti al commercio estero e al rafforzamento del cambio euro.
Nel frattempo, l’inflazione si attesta all’1,5% per il 2025 e il 2026, secondo la Banca d’Italia, favorendo un ambiente di tassi in calo. La Banca Centrale Europea potrebbe tagliare i tassi di un quarto di punto a giugno, seguito da ulteriori riduzioni fino al 2,75% nel 2025. Tali mosse supporterebbero gli investimenti, ma il debito pubblico elevato limita lo spazio di manovra fiscale.
Il settore manifatturiero italiano affronta sfide strutturali, come la dipendenza dalle esportazioni verso l’Eurozona. La debolezza in Germania e Francia, principali partner, ha pesato sulle vendite estere per mesi. Tuttavia, l’aumento della produzione interna e la fiducia rinnovata suggeriscono che le imprese stiano adattandosi, magari diversificando i mercati o ottimizzando le catene di fornitura.
Per il futuro, gli analisti monitorano l’impatto del PNRR, che dovrebbe accelerare gli investimenti nel 2026. Il piano prevede risorse per oltre 190 miliardi di euro, destinate a transizione ecologica e digitale. Se implementato senza ritardi, potrebbe invertire la stagnazione, creando posti di lavoro qualificati e migliorando la produttività.
In conclusione, i dati PMI di ottobre indicano un settore manifatturiero italiano in fase di transizione verso la stabilizzazione. La contrazione attenuata e la revisione del PIL al 0,5% per il 2025 riflettono un’economia resiliente ma fragile. Le autorità e le imprese devono agire con decisione per cogliere le opportunità di ripresa, affrontando le vulnerabilità esterne e interne.
Implicazioni per l’Occupazione e la Produttività
L’occupazione nel manifatturiero rimane stabile, ma le assunzioni rallentano per il calo degli ordini. Le imprese hanno ridotto leggermente le scorte, anticipando una domanda incerta. Nonostante ciò, la fiducia delle aziende suggerisce piani di investimento futuri, potenzialmente positivi per l’occupazione qualificata.
La produttività italiana, già bassa rispetto alla media UE, soffre di questa stagnazione. Il Fondo Monetario Internazionale raccomanda misure per aumentarla, come maggiore partecipazione al lavoro e riforme strutturali. Senza interventi, la crescita potenziale rimarrà debole, ostacolando una ripresa sostenuta.
Prospettive Europee e Globali
Nel contesto europeo, l’Italia segue un trend simile ad altri paesi manifatturieri come la Germania, dove il PMI è sceso sotto i 40 punti. La Commissione Europea prevede una crescita stabile allo 0,7% per l’Italia nel 2025. Fattori globali, come le tensioni commerciali USA-UE, aggiungono incertezza, ma l’euro forte protegge dalle importazioni.
Le esportazioni italiane, focalizzate su macchinari e autoveicoli, dipendono dalla ripresa tedesca. Se la domanda estera si rafforza, il PMI potrebbe superare i 50 punti nei prossimi mesi. Altrimenti, la stagnazione potrebbe protrarsi, influenzando l’intera Eurozona.
Reazioni del Mercato e Politiche Governative
I mercati hanno reagito positivamente al PMI, con i tassi sui titoli di stato italiani in calo. Il governo Meloni ha confermato la revisione del PIL, enfatizzando il ruolo del PNRR. Politiche fiscali prudenti mirano a mantenere il deficit sotto il 3%, rassicurando gli investitori.
Esperti di Confindustria notano un “sorprendente upside” nella crescita 2024, al +0,9%. Per il 2025, auspicano tagli ai tassi BCE per stimolare gli investimenti. Il dialogo tra governo e imprese sarà cruciale per navigare questa fase di transizione.
Questa analisi si basa su dati recenti e proiezioni ufficiali, offrendo una visione completa della dinamica economica italiana. Il settore manifatturiero, pur in contrazione marginale, mostra segnali di resilienza che potrebbero preludere a una ripresa graduale. Monitorare gli indicatori mensili sarà essenziale per valutare l’evoluzione.
